DI CIELO E DI TERRA - PAROLE D´AMORE
di EDOARDO COMIOTTO
Per il giornalista Dina Bridda , Edoardo C. “appartiene a quella razza umana in via di estinzione, che non accetta certi schematismi della vita e non si lascia definire solo dal ruolo sociale ricoperto. ..In lui c’è il bisogno di esprimersi anche in altro modo, la poesia, segno inequivocabile che ai comportamenti usuali del quotidiano, egli sente la necessità di far seguire una sorta di didascalia spirituale contenuta nelle parole componenti talvolta la musicalità, talvolta l’asprezza di un verso scritto per “dire” sempre qualcosa.
Lo fa con naturalezza e salda coscienza del mezzo espressivo, riuscendo a raggiungere apprezzabili risultati sia nell’abbandono della lirica che nel raziocinio del “pamphlet”, sia lasciandosi travolgere dalla forza dei migliori sentimenti umani, sia cercando di mettersi a fianco delle cose e degli avvenimenti per osservarli e descriverli.
Lo fa adoperando strumenti e codici antichi assai cari all’esperienza di qualsiasi persona attenta al buon uso delle lettere. La lingua. Ne adopera due, entrambe “madri” per lui, e non sembri un paradosso. La dimestichezza con la lingua ufficiale e col dialetto di casa gli derivano, la prima, da buoni studi e da consuetudine sociale, la seconda, da un innato senso di appartenenza che, proprio attraverso l’uso del vernacolo, intende esaltare al massimo nella suggestione della poesia.
La parola. E’ una parola poetica scarna, essenziale, moderatamente aggettivata, tesa ad arrivare alla sostanza delle cose senza fumose circonlocuzioni. Talvolta è anche cruda, realista fino a far male, poco incline all’indulgenza che la poesia potrebbe trasfigurare.”
L’avv, Agostino Perale, amico poeta e critico d’arte, così ha comentato queste poesie: “ le vedo e sento con altrettanta tensione di un unico mosaico: tutte al loro posto giusto.
A disegnare la realtà vera di un tempo passato, oppure la presenza attuale e viva di un ricordo? Se poche parole, brevi e nitide immagini, sanno suscitare questo dubbio, allora vuol dire che , suscitato questo dubbio, allora vuol dire che hanno colpito nel segno, che lasciano aperto un solco: con tutta la sua ferita e la speranza di un seme.
Tutto questo, io penso, sale molto di più che parlare e discutere di poesia: anche perché è inutile cercare di dare definizione a ciò che, per sua natura, lo rifiuta. A me piace godere le assonanze e le dissonanze, chiudere gli occhi e lasciare sciolta ogni briglia, che i ( tanto i ricordi quanto le speranze) se ne vadano liberi a spaventare le galline sulle vie delle case di campagna dove la poesia rifiuta confini.”
Rebellato Editore -Anno1993 – 1.000 copie esaurite.