ovvero, il viaggio del Milite Ignoto di Paola Zambelli
In occasione del centunesimo anniversario del Milite Ignoto, venerdì 4 novembre alle ore 18,30 presso Palazzo Bembo di Belluno, ci sarà la presentazione dell’ultimo libro di Paola Zambelli dal titolo “Il Treno dell’Ignoto. Il viaggio del Milite Ignoto”.
Con l’accompagnamento musicale a cura di Manrico Bristot, Mara Formenti e Marco Corazza daranno vita con la loro interpretazione alle immagini storiche tratte del libro..
Basta una semplice domanda, di quelle che solo i bimbi sanno porre strappandoti un sorriso, «Nonna, tu sei mai stata una bambina? Anche tu avevi una nonna?», per catapultarti oltre il sottile confine dei ricordi. La voce di una ragazzetta di nome Giovanna, che il 30 ottobre 1921 insieme ai compaesani si è recata nei pressi della stazione per vedere il passaggio del convoglio funebre che trasportava verso Roma la salma del Milite Ignoto.
In attesa dell’arrivo del treno Giovanna fa la conoscenza di un misterioso uomo, abbigliato con un tabarro nero, col quale inizia a chiacchierare. Tra una chiacchiera e l’altra, il Signore in nero trasporta Giovanna lungo undici racconti, undici storie di vita, undici provenienze, undici campi di battaglia. Undici come i militi assolutamente ignoti, sprovvisti di piastrino identificativo e di effetti personali riconducibili a un’identità – recuperati da una Commissione delegata dal Governo italiano –, le cui salme vennero riposte in casse di legno e condotte nella Basilica di Aquileia. Qui una mamma, la sig.ra Maria Bergamas, madre dell’irredentista Antonio Bergamas disperso in guerra, scelse – con non poca sofferenza – un soldato rappresentativo di tutti i Caduti.
La bara designata fu chiusa in una cassa di zinco e trasportata a Trieste dove venne issata su un convoglio speciale che la trasportò attraverso l’Italia per giungere a Roma. Ad ogni fermata e lungo via c’erano persone di ogni ceto ed estrazione sociale che porgevano il proprio saluto al convoglio funebre.
“Cuori di mamme, figli, figlie, sorelle, fratelli, padri, nonni, fidanzate, amici battevano all’unisono dinanzi alla salma che viaggiava. Speravano che all’interno vi fosse un loro caro, quel caro che faceva battere il cuore o perdere un colpo. Vite spezzate, progetti di vita spezzati, legami d’amore tranciati per sempre: tutto ciò rappresentava quella bara rivestita del tricolore e issata sul fusto di un cannone. Sentimenti ed emozioni collettivi, impossibili da tradurre in parole e bagnati di lacrime; intrisi di dolore, frustrazione, rabbia, ma anche di un’inaspettata serenità. Una serenità data dalla consapevolezza e dalla speranza che nessuno avrebbe dimenticato (…)”
Chi era il Milite Ignoto? «Mi dica Signore, mi dica chi c’è in quella bara».
Ma non è possibile rispondere a questa domanda senza dare un’identità a tutti gli Undici Ignoti. Grazie ai dialoghi tra Giovanna e il Signore in nero, e così facciamo la loro conoscenza e di molti altri con episodi storici, situazioni, luoghi e accadimenti della Grande Guerra, che non sempre si trovano nei libri di storia. Ecco i ragazzi della classe 1899, padri di famiglia che hanno attraversato il mare per raggiungere il continente; soldati dove s’incrociano i dialetti venti e partenopei. Letterati e analfabeti.
«Mi piace pensare che nella bara che ha scelto la signora Maria ci sia proprio suo figlio» dico con gli occhi che si inumidiscono. «Ma» aggiungo, «vorrei tanto che ci fosse Marco». Pensandoci provo una sensazione nuova, una strana serenità che mi sale dal cuore e aggiungo: «Ma non cambierebbe nulla se in quella bara ci fosse lo sconcio o il ragazzo che ha rinunciato al proprio nome o uno qualunque dei protagonisti dei suoi racconti (…)
Chiudo gli occhi e rivedo Marco che mi accarezza le trecce. Ma vedo anche un piccolo cerbiatto, un poeta, una ragazza che cerca il suo fidanzato, un aviatore burlone; vedo uno scozzese col suo cotolon, vedo il mio babbo che a casa è tornato. E tanti uomini che come lui sono riusciti a fare ritorno, ma hanno lasciato un pezzo di sé sui campi di battaglia. E la mia mamma e le tante donne che per anni hanno atteso il ritorno dei loro cari. E quelle che li stanno ancora aspettando (…)
… e la narrazione continua in una esposizione accattivante e coinvolgente.
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