“LA DIGNITÀ DEL VIVERE E LA DIGNITÀ DEL MORIRE”
I Lions hanno incontrato il Presidente del Comitato etico dell’ULSS1 e il Vescovo di Belluno Monsignor Renato Marangoni
“La dignità del vivere e la dignità del morire” è un tema che tocca profondamente la sensibilità e la coscienza di tutti. Questo argomento profondamente delicato è stato affrontato in un incontro del Lions Club Belluno che ha visto la partecipazione del dottor Davide Mazzon, Direttore dell’ U. O. di Anestesia e Rianimazione dell’ Ospedale San Martino, Past President del Comitato Etico per la pratica clinica della nostra ULSS, autore di numerosi contributi scientifici su questo tema e di Mosignor Renato Marangoni, Vescovo della Diocesi di Belluno-Feltre.
Per la Presidente del Lions Club Belluno Luciana Zollino, che professionalmente come medico si trova a diretto contatto con pazienti che affrontano gli interrogativi posti nella serata: “ Il concetto di ” dignità umana” esprime il valore intrinseco di ogni essere umano, ma viene declinato in modo diverso a seconda delle matrici teoriche di riferimento. La nostra Costituzione richiama spesso il valore della dignità, così come quella di altri Stati, nonchè il preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU nel 1948. La riflessione bioetica, cioè l’etica applicata alla medicina, può dare un contributo particolare nel qualificare i trattamenti sanitari in relazione al concetto di “dignità” della persona.
L’incontro ha affrontato il significato di “dignità” e come questo concetto si collochi in ambito sanitario, con uno sguardo particolare alla fine della vita, in cui il diritto di ogni malato ad essere considerato pienamente “persona” prende una maggiore forza in virtù della sua vulnerabilità. Il dottor Davide Mazzon ha svolto alcune considerazioni etico-deontologiche partendo da un dato di fatto: i profondi mutamenti che negli ultimi trenta anni sono avvenuti nelle modalità del morire. Secondo il dr. Mazzon: “ la morte non è più un “evento” puntuale, spesso improvviso, imprevisto e imprevedibile, bensì un “processo” gestibile dalla medicina. Oggi, infatti, la morte per malattia avviene sempre più spesso in persone di età avanzata, a conclusione di malattie croniche degenerative, alla fine di un lungo percorso di cure in cui la fase terminale è meno dolorosa ma più protratta rispetto a un tempo; addirittura il processo del morire può venire ritardato, mediante il ricorso alle cure intensive.
Non è quindi più possibile appellarsi a una presunta “naturalità” degli eventi che portano a compimento il processo del morire, allorquando esso è soggetto al dominio della modulazione da parte delle potenzialità offerte del progresso tecnico-scientifico. Il filosofo Alberto Schiavone chiama in modo molto efficace “artificialità negoziata” questa trasformazione culturale con cui la percezione della morte viene trasportata da evento affidato ad una naturalità immodificabile a evento entrato nelle nostre possibilità di decisione. Questa “artificialità negoziata” si realizza oggi idealmente in quella camera di compensazione fra autonomia del medico e autonomia del malato che è lo spazio del cosiddetto “Consenso Informato”, che accompagna tutto il percorso di cura delle malattie sino alle loro fasi finali.
Negli ultimi 30 anni, infatti, secondo il qualificato relatore: la morte si è trasformata da “evento” a “processo”, il ricorso alle opportunità offerte dalle scienza si è avvalso del contributo della riflessione bioetica, denominata ora “coscienza critica del sapere scientifico”, ora “fiume di cui sono tributari numerosi affluenti”, alludendone alla natura multidisciplinare ed interprofessionale. La riflessione bioetica colloca queste opportunità nella dimensione umana della cura e cioè della finitezza dell’esistenza, del contesto relazionale in cui si colloca l’esperienza della vita di ciascuno, in un contesto più ampio che è quello della gestione dei sistemi sanitari, sempre più alle prese con la necessità di bilanciare l’equità con la sostenibilità. Infine, la riflessione bioetica è spesso chiamata in causa per qualificare i trattamenti sanitari in relazione al concetto di “dignità” della persona.
Il dr. Mazzon ha ricordato che nell’articolo 32 della nostra Carta Costituzionale il concetto di dignità viene declinato nella volontarietà dei trattamenti sanitari “…Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge…” In questo articolo troviamo quindi lo snodo fra il concetto di dignità, il principio bioetico di autonomia circa le scelte sanitarie che ciascuno è chiamato a fare, e il diritto all’ autodeterminazione, che ciascuno può esercitare sino al rifiuto di cure salvavita. Ed ha poi aggiunto: “ Nei principi generali del nostro ordinamento, nei trattati sovranazionali, nonché nella giurisprudenza in materia, trae origine la nuova versione del Codice di Deontologia Medica (CDM) del 2014, che ribadisce che il fondamento etico e deontologico dell’azione sanitaria sta nel consenso informato da parte del paziente ai trattamenti. Per noi medici quindi, il diritto del paziente all’autodeterminazione, il diritto cioè a decidere per sé in coerenza col proprio piano di vita, rappresenta il nucleo centrale del concetto stesso di “dignità umana”.
Il dr. Mazzon ha poi concluso il suo coinvolgente intervento citando un articolo del noto bioeticista dell’Albert Einstein College of Medicine di New York che suscitò un vivacissimo ed aspro dibattito e riprendendo il suggerimento di Chochinov, uno psichiatra e palliativista che opera in Canada, denominato «Dignity in Care». Infatti, per il dott. Mazzon: “ …il semplice ABCD (airway, breathing, circulation, drugs) sintetizza efficacemente i fondamenti delle cure che gli Anestesisti-Rianimatori intraprendono nei pazienti in pericolo di vita, lo stesso acronimo rappresenta un ausilio mnemonico per ricordare a tutti i medici quali siano i comportamenti da adottare per promuovere in ogni contesto clinico la dignità delle persone che curiamo. ABCD quindi, ove Attitude, sta per ATTEGGIAMENTO, che deve allontanarsi dalle nostre percezioni per ispirarsi il più possibile alla reale natura delle persone malate che abbiamo davanti, affinché esse, che guardano a noi come in uno specchio, ne ricavino una immagine positiva di sè. Infatti, persone trattate come se non contassero più nulla, si sentono di non contare più nulla. Behaviour, sta per COMPORTAMENTO, che deve essere sempre ispirato a gentilezza e rispetto. Compassion, sta per EMPATIA, sincronizzazione emotiva, profonda consapevolezza della sofferenza altrui associata al desiderio di arrecare sollievo e che bisogna sapere veicolare attraverso la comunicazione verbale e non verbale. E infine DIALOGO, che va tenuto sempre aperto per conoscere le persone che ci sono «dietro» le malattie, favorendo l’espressione delle loro DIGNITA’, cioè consentendo loro di operare, secondo le proprie coscienze e accompagnate dall’equipe sanitaria che le assiste, le scelte più coerenti coi propri piani di vita.”
Questi temi importanti e delicati sono stati affrontati da Mosignor Renato Marangoni, con lo spirito della fede, tematiche che la scienza cerca sempre più di umanizzare e che l’Uomo di Chiesa affronta ponendo il Divino a guida del percorso di sofferenza.
Per monsignor Marangoni il tema dell’incontro contiene parole ”intriganti” che possono trovare risposta in un “cantiere aperto”, nel dialogo fra chi ha la fede e chi non ce l’ha. “C’è la necessità di intrecciare la ricerca comune, di un confronto sul fine vita e sulla bioetica. Bisogna dare nuova dignità alla persona oggettivizzata, considerare che oltre alla dimensione oggettiva c’è anche una dimensione soggettiva. Anche all’interno della Chiesa c’è, da tempo, una elaborazione su questi concetti come affrontato nel Sinodo della famiglia o in Amoris laetitia di Papa Francesco, così come anche la percezione del vivere e del morire che non deve essere lasciata solo a soluzioni giuridiche.
Secondo monsignor Marangoni In questa elaborazione la Chiesa recupera il concetto della “gratuità” e riflette sull’economia e sulla logica del mercato. Il lavoro non è solo impiego, ma anche affermazione nel lavoro dell’uomo che sta perdendo la sua personalità.
Il Vescovo Marangoni ha ricordato come nella Lettera enciclica “Laudato si” di Papa Francesco si colgono le tensioni e il bisogno del nostro pianeta e dell’uomo.
Ha ricordato come Papa Pio XII, fosse un profondo conoscitore della medicina sua contemporanea con la quale dialogò molto riconoscendone l’importanza e l’autonomia metodologica. Pio XII sottolineò il fatto che il medico fosse tenuto a ottenere il consenso per ogni trattamento, e fu favorevole alla donazione degli organi.
Chiudendo le sue profonde riflessioni, monsignor Marangoni, ha ricordato come recentemente Papa Francesco si sia espresso contro l’accanimento terapeutico e verso una attenzione sulle biotecnologie. E ricordando il pensiero di Papa Francesco ha affermato che : “la morte è un cammino, è un tramonto che coglie il senso delle stagioni precedenti.”
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