Nei giorni scorsi, per lavoro, sono andato per filari e cantine.
Il mondo della viticoltura è particolare, trova radici nella storia e nella cultura contadina. Le vigne seguono i cicli delle stagioni, stagioni che determinano ritmi lavorativi e d’impegno diversi. Già nei mesi invernali, nelle zone più temperate, si sistemano i pali di sostegno e i filari, si potano le viti, e in primavera si determina con la spollinatura e la cimatura le parti a verde che porteranno poi al raccolto. Con lo sguardo al cielo, il viticoltore si augura che non ci siano gelate, grandinate o malattie che colpiscano i filari. Poi, con passione e impegno, segue e accompagna con cure colturale il ciclo vegetativo della vigna sino alla raccolta del frutto del suo lavoro: l’uva che sarà vinificata. E nell’anno successivo il ciclo si ripete.
Ma non sempre tutto procede come nei desideri. La siccità o le intemperie possono annullare gli sforzi compiuti, un nubifragio può estirpare il filare. E ripartire ha un costo economico e umano.
Così anche nella vita, nel nostro viaggio nelle stagioni e talvolta dentro di noi.
HO COLTO
Ho colto grappoli di speranze
nell’idealistico immaginario giovanile
d’umanità e d’uguaglianze.
Poi, nella vigna delle stagioni
ho assaggiato acini aciduli
e dolci carezze nell’anima;
nomi tagliati come tralci
o legati in palpiti di gioia.
S’accumulano le memorie,
piegate, pigiate dagli eventi,
che filtrate dal tempo
– nel lento gocciolare dell’essenza-
son diventate il mio sangue e respiro.
Tutto ha un prezzo nella vita
come questa bottiglia
che racchiude la speranza del viticcio
quando s’avvinghia al filo
della vita.
Edoardo C.
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